Dalla Canea a Tripoli

Il viaggio si svolge tra l’isola di Creta e Tripoli, in una data che possiamo ricondurre al 1909-1910. L’autrice, al seguito della Missione archeologica italiana, ne condivide l’avventura, i disagi ed il contatto con le popolazioni locali. Ne emerge un racconto vivace, schietto, scevro di ogni opportunismo e di ogni ammorbidimento che oggi potremo definire “politically correct”. I tratti a volte taglienti ed impietosi con i quali vengono tratteggiante le genti dell’isola  o ancor di più i bengasini o i tripolitani, retaggio forse più di una certa noblesse familiare più che di vocazioni politiche del tempo, non deteriorano il quadro d’insieme che invece si perde ammirato tra le bellezze di quell’archeologia che al tempo fu portatrice di grandi scoperte. Lo sguardo della studiosa a volte cede a quello della donna, soffermandosi sulle condizioni delle abitanti dei luoghi visitati, indugiando in piccole avventure tutte al femminile. Un racconto la cui passione si cela talvolta dietro i toni del reportage scientifico che mai, tuttavia, soverchia il piacere della narrazione.

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